Invernale – di Guido Gozzano

Lettura e commento di Franco Calomino

Invernale

di Guido Gozzano

“…cri…i…i…i…icch”…

   l’incrinatura

il ghiaccio rabescò, stridula e viva.

“A riva!” Ognuno guadagnò la riva

disertando la crosta malsicura.

“A riva! A riva!…” un soffio di paura

disperse la brigata fuggitiva.

“Resta!” Ella chiuse il mio braccio conserto,

le sue dita intrecciò, vivi legami,

alle mie dita. “Resta, se tu m’ami!”

E sullo specchio subdolo e deserto

soli restammo, in largo volo aperto,

ebbri d’immensità, sordi ai richiami.

Fatto lieve così come uno spetro,

senza passato più, senza ricordo,

m’abbandonai con lei nel folle accordo,

di larghe rote disegnando il vetro.

Dall’orlo il ghiaccio fece cricch, più tetro…

dall’orlo il ghiaccio fece cricch, più sordo…

Rabbrividii così, come chi ascolti

lo stridulo sogghigno della Morte,

e mi chinai, con le pupille assorte,

e trasparire vidi i nostri volti

già risupini lividi sepolti…

Dall’orlo il ghiaccio fece cricch, più forte…

Oh! Come, come, a quelle dita avvinto,

rimpiansi il mondo e la mia dolce vita!

O voce imperiosa dell’istinto!

O voluttà di vivere infinita!

Le dita liberai da quelle dita,

e guadagnai la riva, ansante, vinto…

Ella sola restò, sorda al suo nome,

rotando a lungo nel suo regno solo.

Le piacque, al fine, ritoccare il suolo;

e ridendo approdò, sfatta le chiome,

e bella ardita palpitante come

la procellaria che raccoglie il volo.

Noncurante l’affanno e le riprese

dello stuolo gaietto femminile,

mi cercò, mi raggiunse tra le file

degli amici con ridere cortese:

“Signor mio caro, grazie!” E mi protese

la mano breve, sibilando: – Vile!

Commento di Franco Calomino

Guido Gozzano nacque a Torino nel 1883, e vi morì di tubercolosi nel 1916. Avviato agli studi di legge, di fatto non li terminò (ecco perché nella Signorina Felicita è “l’avvocato”). Un viaggio in India ispirò gli articoli pubblicati nel volume “Verso la cuna del mondo”. Le sue raccolte di versi sono “La via del Rifugio” , “I colloqui” e “Le farfalle” , quest’ultimo dedicato proprio a questi alati esseri, seguiti fin dal loro stato di bruchi e di crisalidi a quando, usciti dal bozzolo, prendono il volo.

Appartiene alla corrente poetica dei “crepuscolari”, che riprende i toni intimistici di Pascoli per rifugiarsi in un mondo di ricordi, di “piccole cose di pessimo gusto”, trovate nel salotto della nonna Speranza o nel giardino antico della “quasi brutta” Signorina Felicita o ancora nella vita volutamente grigia (in apparenza) di Totò Merumeni.

Invernale, con l’autore e l’amica che pattinano sul laghetto ghiacciato, dove ella lo costringe a restare, nonostante gli scricchiolii del ghiaccio che minaccia di rompersi, tenendolo  sottobraccio e continuando le evoluzioni “ebbri d’immensità, sordi ai richiami”, finchè egli si libera dalla stretta e ritorna da solo a riva “ansante, vinto…”, può essere vista come la metafora della sconfitta che la vita ci infligge. Infatti l’amica che continua da sola a pattinare, “sfatta le chiome, e bella ardita palpitante” , quando ritorna infine a riva gli stringe la mano sibilando -Vile! –.