I Limoni – di Eugenio Montale

Nella “Serata di Poesia” del 22 febbraio 2025 al Caffè Telesio

Lettura e commento di Marialuigia Campolongo

I limoni

di Eugenio Montale

Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.


Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il sussurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest’odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d’intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.

Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara – amara l’anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.

Commento di Marialuigia Campolongo

Difficile commentare “I Limoni” di Eugenio Montale, su cui sono state scritte, a giusta ragione, pagine e pagine; su cui non basterebbe un saggio per analizzarne stile, versi, struttura che sono solo in apparente contrasto con la tradizione metrica e la cui armonia è esemplare, pur nella scelta del verso libero.

Cercherò di comunicare soltanto ciò che a me regala, ogni qualvolta lo rileggo, questo testo poetico, , a mio avviso un vero capolavoro, racchiuso nella raccolta “Ossi di seppia”, che già dal primo verso si rivolge a me, a noi, uomini e donne comuni, con lo stile volutamente dimesso, che non va a scomodare piante da… poeti laureati. Linguaggio comune è infatti il suo, per descrivere la realtà della sua terra , la Liguria degli orti, dei fossi erbosi, le piccole strade ornate dalla comune pianta dei limoni che le rende odorose; percorrendo le quali le ansie quasi si placano per quella pace,  la mente si allontana dalle violente passioni della guerra; ed è  come se il profumo dei limoni riuscisse ad aprire uno spiraglio sul segreto delle cose, come  si potesse ad un tratto scoprire “il punto morto del mondo”, “l’anello che non tiene”; quasi ci fosse un filo che possa condurci a scoprire le verità metafisiche… Ma limitata è la conoscenza umana. E’ solo l’illusione che quegli spiragli di luce, i limoni, creano: subito essa si dissolve e, insieme, la speranza. Subentra il rumore delle città, mentre le cimase si vedono in lontananza interrompere l’azzurro del cielo, che si vede appena, a spicchi e la stanchezza dell’anima prevale, come quella della terra per la pioggia incessante: la noia dell’inverno subentra…

 “Quando un giorno da un malchiuso portone/ tra gli alberi di una corte/ci si mostrano i gialli dei limoni;/ e il gelo del cuore si sfa, / e in petto ci scrosciano / le loro canzoni/ le trombe d’oro della solarità”.

Straordinaria immagine simbolica che reca con sé campi semantici di aria, acqua e luce che si intrecciano, come negli ultimi versi accade, con la scelta del verbo scrosciare, che è dell’acqua, ma apre ad una straordinaria sinestesia uditiva e visiva, perché sono le canzoni che scrosciano e le trombe d’oro della solarità. E’ come volesse stupirci, il poeta e stupirsi, quasi volesse parlare di una sorta di lavacro di luce, assolutamente purificatore, che possa ripulirci dalla sporcizia del mondo.

Canzone della Speranza, dunque, malgrado tutto, grazie alla quale il “gelo del cuore si sfa” e che ritengo attualissima, nella situazione mondiale che stiamo vivendo. Come poche altre forse riesce a mettere in luce la funzione purificatrice della poesia.